Per la prima volta una mostra affronta in maniera organica la tecnologia, la dimensione estetica e le atmosfere della luce artificiale nel mondo romano. Nessun’altra città dell’antichità ha restituito così tanti sistemi di illuminazione come Pompei. La mostra porta a Roma 150 reperti originali in bronzo dalle città vesuviane: lucerne ad olio, candelabri, porta lucerne nonché supporti per lucerne figurative e torce, opere custodite presso Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN) e il Parco Archeologico di Pompei (PAP). Oltre a celebri statue e sculture di lucerne, l’allestimento presenta anche reperti appartenenti al Museo Nazionale Archeologico di Napoli non esposti in pubblico, molti dei quali restaurati appositamente per l’occasione e, in questa sede romana, anche da circa 30 opere pertinenti alle collezioni dei Musei Capitolini, Antiquarium.
L’esposizione è ideata dalla Prof. Ruth Bielfeldt, docente di Archeologia Classica dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco, nell’ambito di un progetto di ricerca che ha affrontato questi materiali e tematiche in maniera sistematica, entro una cornice scientifica interdisciplinare.
L’arte della luce, la capacità di plasmare la materialità per restituire una luce vera, reale, una fotografia del quotidiano. L’esposizione è arricchita da riproduzioni fedeli prodotte in cooperazione con la Fonderia d’Arte San Gallo AG, nonché da simulazioni digitali su modelli tridimensionali.
Le lucerne di Pompei sono uno dei tesori archeologici più interessanti della città antica. Queste lampade a olio furono utilizzate per illuminare le case, le strade e i templi della città durante l'epoca romana.
La produzione di lucerne a Pompei iniziò nel III secolo a.C. e continuò fino all'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C. Durante questo periodo, la produzione di lucerne diventò una vera e propria industria, con diverse botteghe che producevano lampade di diverse forme e dimensioni.
Le lucerne di Pompei sono diventate famose per la loro bellezza e la loro varietà. Le lampade erano decorate con motivi geometrici, animali, figure mitologiche e scene di vita quotidiana. Molte lucerne avevano anche iscrizioni che indicavano il nome del produttore o del proprietario.
Le lucerne erano fatte principalmente di argilla, ma alcuni esemplari erano fatti di bronzo o di altri metalli. Le lampade erano dotate di un serbatoio per l'olio e una o più fori per la combustione. Il design delle lucerne era pensato per massimizzare la luminosità e minimizzare il fumo e l'odore.
Sono diventate un'importante fonte di informazioni sulla vita quotidiana dell'epoca romana. Le iscrizioni sulle lampade ci danno informazioni sui produttori, i proprietari e le persone che le utilizzavano. Inoltre, le decorazioni sulle lucerne ci danno un'idea della moda e degli stili artistici dell'epoca.
Oggi, sono conservate nei musei di tutto il mondo, tra cui il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il British Museum di Londra. Tuttavia, molte delle lampade originarie si trovano ancora a Pompei, dove possono essere ammirate nel loro contesto storico originale.
Le lucerne presentano molte caratteristiche comuni, come ad esempio la forma piatta o leggermente concava, con un bordo rialzato per evitare che l'olio fuoriesca. Tuttavia, esistono anche lucerne di forma cilindrica, sferica o a forma di cono. Spesso sono decorate con motivi geometrici, fregi, figure mitologiche o scene di vita quotidiana. Queste decorazioni sono incise sul corpo della lampada o sulla parte superiore del beccuccio. Funzionano grazie alla combustione dell'olio contenuto nel serbatoio. Lo stoppino, solitamente di lino o canapa, viene immersa nell'olio e accesa.
Si potranno ammirare la varietà delle decorazioni geometriche come linee, punti, cerchi e forme astratte, come pure figure mitologiche, satiri, nereidi, tritoni, fauni e altri esseri fantastici. Motivi utilizzati sia per riempire gli spazi vuoti sul corpo della lampada che per simboleggiare la protezione divina o per esaltare la bellezza e la grandiosità dell'antica cultura romana.
Osserviamo anche scene di vita quotidiana come giochi, banchetti, lavori agricoli e artigianali e attività commerciali. Queste scene sono spesso molto dettagliate e forniscono una preziosa fonte di informazioni sulla vita dell'epoca. Le lucerne decorate con animali come leoni, tigri, cavalli, cervi e uccelli simboleggiavano la forza, la velocità o la bellezza.
Le case e le strade erano illuminate, ma anche i templi, venivano posizionate su altari o mensole, accese per illuminare gli interni dei templi durante le cerimonie religiose e come luci votive o offerte. Le lucerne più piccole erano utilizzate anche come regali per gli ospiti.
Il tema dell’illuminazione ci offre una nuova prospettiva per comprendere i diversi ambiti della vita nella Roma antica: festa e religione, magia ed erotismo, sogno e notte. L’illuminazione crea uno spazio umano di condivisione, come ci ricorda la curatrice citando Diogene: “con la lampada si può trovare l’uomo”.
La mostra è particolarmente curata sotto il profilo didattico, il linguaggio dei testi esposti, l’attenzione nel ricreare l’atmosfera magica dell’antico, incoraggiano momenti di riflessione culturale per vivere la luce di allora e perdersi nella rifrazione delle immagini che come farfalle di luce ci incantano.
La prospettiva antropologica sulla luce si arricchisce mettendo in relazione passato e presente grazie all’inserimento delle lampade realizzate dal light designer Ingo Maurer (1932–2019), le cui creazioni poetiche, ludiche, bizzarre, sovversive, testimoniano la vitalità di un rapporto creativo con la luce che prosegue da oltre duemila anni.
Il percorso espositivo, articolato in 9 sale, ripercorre il ruolo della luce nella vita quotidiana e sociale, in un dialogo degli stessi oggetti archeologici con fonti letterarie. Ad accogliere i visitatori un’installazione che contrappone il Sileno, una lucerna antica, all’opera moderna “Remember Yves” di Maurer, una scultura blu di forte impatto estetico che rimanda al salto nel vuoto di Yves Klein (1960) interpretato come incarnazione di luce in movimento.
Nella prima sala un video introduttivo didattico spiega il progetto scientifico “Nuova Luce da Pompei” e segue il percorso della lucerna sontuosa con pipistrello dalla Villa di Arianna di Stabia dalla scoperta nel 1761 alla sua riproduzione presso la Fonderia San Gallo con la messa in opera nel 2022 della copia per riprodurre la luce.
Il modello della Casa del Poeta Tragico nella terza sala, ci offre un’idea sulle condizioni di luce della domus Romana, luogo caratterizzato da una semioscurità.
Nella quarta sala si potrà ammirare l’originale della lucerna con pipistrello, oggetto iconico della mostra, la cui copia potrà essere toccata dai visitatori per mettere a fuoco gli aspetti tecnici e estetici del bronzo.
Nelle sale successive, viene poi proposto un approfondimento della luce legata al riposo e al consumo di cibo che, attraverso lucerne teatrali e giocose, stufe e scaldavivande, offre una ricostruzione della complessa coreografia della luce legata alla convivialità e la sua funzione di “regolatore sociale”.
Interessante l’esperienza del Triclinio Virtuale, che potrà essere vissuto in prima persona attraverso occhiali 3D, nella luce notturna del 79 d.C. La simulazione virtuale della luce è basata su un'esatta ricostruzione degli affreschi murali e su calcoli dell'intensità luminosa delle fiamme e delle proprietà riflessive dei materiali. I visitatori con una “torcia virtuale” potranno accendere delle lucerne esercitando il controllo sulla luce e quindi sulla propria percezione.
Nelle ultime sale si apre un ampio spettro di atmosfere diverse, l’aura religiosa viene evocata attraverso gli arredi del larario della Casa della Fortuna di Pompei con il corredo di statuette bronzee e un’elegante lampada a forma di piede umano, esposto per la prima volta nella sua integrità. Le lucerne falliche, appartenenti a tintinnabula provenienti da taberne e botteghe, testimoniano gli aspetti magici, dionisiaci ed erotici. Oltre al noto Efebo della Casa dell'Efebo da Pompei, viene presentata una statuina porta fiaccola di un fanciullo orientale nudo, un’opera inedita e sconosciuta, scoperta nel 1818 nella clinica del chirurgo Pumponius Magonianus non lontana dal Foro di Pompei. La sezione sull’estetica della luce mostra la complessa scenografia multi ombre che creavano le lucerne romane, che alla luce delle antiche teorie sull’ombra in Platone o Plinio divengono più chiare.
Una delle sale è dedicata alla fonderia Borbonica che nel XVIII e XIX secolo riproduceva le suppellettili pompeiane che avevano riscosso un certo fascino dopo le scoperte archeologiche fra 1750 e 1820. È presentato qui un insieme di elementi ricomposto arbitrariamente descritto da Winckelmann nel 1761 e restaurato nel 2021.
La mostra si chiude con l’eruzione del Vesuvio, qui non troviamo i calchi umani, ma gli oggetti in bronzo a raccontare il momento della paura e della fuga dall'antichità ai giorni nostri. Una piccola lucerna a forma di testa di Africano (MANN) che accompagnava due pompeiani durante la fuga, sarà l’unica a sopravvivere.
L’ultima sala, dedicata ai reperti di Roma, viene proposta l’altra faccia del rapporto tra uomo e luce nell’antichità romana. Luce, calore e fuoco possono generare eventi drammatici, che travalicano la sfera privata e investono la vita della città tutta. Sono così ripercorse le vicende della città in relazione con gli incendi e con le modalità di organizzazione messe in atto per fronteggiare questo fenomeno. Particolare rilievo viene dato alla Caserma (Excubitorium) dei Vigili della VII Coorte in Trastevere, da cui proviene una fiaccola, raro reperto legato verosimilmente all’illuminazione pubblica.
Altri oggetti in bronzo, lucerne, candelabri, una statuetta, suggeriscono quali potevano essere le suppellettili che adornavano le case patrizie nella Roma imperiale.
di Roberto BENATTI